E’ nota a tutti la profondità della crisi in cui è precipitata la Grecia a causa di 30 anni di dissennato sperpero delle risorse pubbliche. In questa nazione sono state adottate misure durissime per riportare i conti a posto alzando l’iva al 23% e le altre imposte a livelli altissimi, licenziando dipendenti pubblici, abbattendo gli stipendi e le pensioni, adottando misure antievasione estreme ecc.. Queste misure di austerità imposte dall’Europa hanno sistemato il bilancio dello stato al prezzo di forte disoccupazione e povertà dilagante, crollo verticale dell’economia, cancellazione di molti servizi pubblici, disordini sociali.
Dopo tante lacrime e sangue il governo greco ha intrapreso una nuova strada di rilancio e ha abbattuto l’aliquota iva ordinaria di 10 punti abbassandola al 13%. Questo innescherà maggiore competitività dei prodotti e servizi greci favorendo una solida ripresa basata sulla più grande ricchezza della Grecia: il turismo.
Gli italiani sperano che la classe dirigente italiana sappia leggere ed imparare dalla storia della Grecia e riesca ad adottare misure forti per riportare i conti dello Stato a posto agendo sulla spesa pubblica inefficiente ed in particolare sui 90 miliardi di interessi annui che paghiamo sul debito pubblico senza continuare ad aumentare le aliquote.
Alzare l’iva dal 20% al 21% ha prodotto una riduzione di imposta versata di 3,8 miliardi di euro. Per compensare questo mancato introito lo Stato porta l’aliquota al 22%. Nessuno può pensare che in questo momento di recessione economica possano aumentare le entrate in questo modo. Forse portarla l’iva al 13% come in Grecia costerebbe una decina di miliardi il primo anno ma l’effetto positivo sui consumi e la competitività negli anni successivi sarebbe enorme.